Il Giusto e l’Ingiusto: Una Questione di Prospettive Giuridiche
La giustizia, come ideale astratto, abita un regno strano dove il giusto e l’ingiusto si confondono. È un concetto che accarezza il cuore e scuote l’anima, invocato con passione in un’aula di tribunale o sussurrato con rassegnazione al bar, quando si raccontano le ingiustizie della vita. Ma ciò che noi percepiamo come “giusto” non è sempre quello che il diritto sancisce come tale, e qui si apre un abisso tra il senso comune e la logica legale.
Immaginiamo una scena classica: un individuo, deluso dal verdetto, esce dal tribunale con l’amaro in bocca. “Ma come è possibile?” sbotta, rivolto a nessuno in particolare, forse cercando conforto negli amici o nel cielo plumbeo sopra di lui. Perché nella sua testa, la verità era chiara, e la giustizia — la vera giustizia — non ha trionfato. È un momento di sconcerto umano che molti di noi hanno provato, anche solo da spettatori, e che ci fa sentire come se il sistema legale fosse una macchina fredda, insensibile ai nostri sentimenti più profondi.
Il Gioco del Processo
Per un avvocato, però, quella stessa scena non è affatto sorprendente. Anzi, è quasi ordinaria, parte del “gioco” giuridico. Qui, “gioco” non è un termine cinico, ma un modo per riconoscere la complessità strutturale che regola il processo civile, che regola le prospettive del giusto e ingiusto. Le aule di tribunale sono teatri in cui si mettono in scena battaglie di logica, argomenti, e prove, e dove il verdetto non sempre riflette un’idea universale di giustizia, ma piuttosto il risultato di norme ben precise, di una procedura stabilita e di un contesto che bilancia l’interesse di tutte le parti coinvolte.
Prendiamo, ad esempio, una causa civile. Da un lato, c’è chi ha subito un presunto torto e reclama un rimedio, convinto della propria ragione. Dall’altro lato, però, c’è un convenuto che resiste, magari con uguale convinzione. Entrambi si affidano ai propri avvocati per costruire un mosaico di argomenti, prove, e testimonianze, ciascuno plasmando la narrazione che spera convincerà il giudice. Questo processo non è solo uno scontro tra due verità soggettive; è il cuore pulsante della procedura civile, che si fonda sul libero convincimento del giudice e sull’idea che la verità, come la giustizia, emerga proprio dal confronto serrato tra versioni opposte.
La Giustizia delle Regole
E qui sta la vera sfida: la giustizia legale non è una questione di sentimento, ma di metodo. Le norme giuridiche sono come gli ingranaggi di un orologio: precise, meccaniche, a volte lente, ma necessarie per garantire l’equilibrio tra i diritti di tutti. La legge non può permettersi il lusso di essere istintiva. Si affida a codici, procedure e, spesso, alla discrezione del giudice — una discrezione che, contrariamente a quanto si pensa, non è arbitraria, ma profondamente ancorata a una logica giuridica complessa.
Il diritto civile, ad esempio, è un sistema in cui ogni passo è regolato con attenzione: chi ha l’onere della prova, quali fatti devono essere dimostrati, come si valutano le testimonianze e in che modo si applicano i principi fondamentali del codice. La sentenza non nasce da un impulso emotivo, ma da un’analisi rigorosa, che può apparire spietata proprio perché priva di quel calore che associamo al nostro ideale di giustizia.
Quando la Percezione Collide con la Realtà Legale
Il senso di ingiustizia che molti provano quando perdono una causa non è irrazionale; È umano. La nostra idea di ciò che è giusto spesso non tiene conto della complessità della procedura, né del fatto che la legge deve equilibrare le pretese di più persone, ognuna con una visione legittima e una storia da raccontare. La tensione tra il diritto e l’istinto umano deriva dal fatto che il sistema giuridico non ha il compito di rendere tutti soddisfatti, ma di amministrare le regole in modo imparziale, anche quando il risultato sembra iniquo.
Per gli avvocati, questa tensione è un aspetto fondamentale del mestiere: vivere costantemente nell’ambiguità tra ciò che il cliente considera giusto e ciò che il diritto permette. È un gioco, sì, ma un gioco serio, in cui si gioca con le vite e le speranze delle persone, e che non si può mai sottovalutare. Un avvocato non dirà mai è stata un ingiustizia, ma si lamenterà come se avesse perso ad un gioco con il giusto equilibrio tra consapevolezza e atavico impulso di competizione. Soffrirà per il cliente, ma… è il gioco.
Alla fine, questa è la dura realtà della giustizia legale: non è fatta per essere amata, ma per essere rispettata. E se a volte ci sembra ingiusta, forse è perché il nostro cuore desidera verità più semplici di quelle che il diritto, con tutta la sua complessità millenaria, è in grado di offrire.