Ordinanza n. 5385/2023 della Corte di Cassazione

Ordinanza n. 5385/2023 della Corte di Cassazione: Le rate del mutuo cointestato non sono ripetibili, anche se un solo coniuge le ha pagate in toto

L’ordinanza n. 5385/2023 della Corte di Cassazione del 21 febbraio 2023 fornisce una risposta definitiva su una questione controversa in diritto di famiglia: la ripetibilità delle somme pagate da un coniuge per il pagamento delle rate del mutuo cointestato, quando uno solo dei coniugi ha effettuato i pagamenti, e se, a seguito della separazione o dissoluzione della coppia, possa esserci il diritto alla restituzione della metà delle somme versate. La Corte, con questa decisione, ha chiarito una volta per tutte che tali somme non sono ripetibili, in quanto costituivano un adempimento degli obblighi di solidarietà familiare, che si fondano sui principi stabiliti dall’art. 143 del Codice Civile.

Il caso esaminato riguarda una coppia che, dopo la separazione personale, ha visto il marito chiedere la restituzione della metà dei ratei del mutuo cointestato per l’acquisto della casa familiare. Il marito ha sostenuto di aver integralmente pagato i ratei e quindi di avere diritto alla restituzione della metà delle somme versate. Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno respinto la domanda, e la Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha ribadito che non sussiste il diritto alla restituzione. La Corte ha inoltre preso in esame la questione sotto il profilo dell’interpretazione dell’art. 143 c.c., che regola i diritti e i doveri reciproci dei coniugi.

L’analisi dell’art. 143 c.c.

L’aspetto centrale dell’ordinanza è la relazione tra la solidarietà coniugale e la ripetibilità delle somme pagate per l’adempimento degli obblighi familiari. La Corte ha escluso la ripetibilità delle somme erogate, considerando che tali pagamenti siano parte di un “progetto comune” finalizzato al benessere del nucleo familiare, e quindi irripetibili.

Il principio di solidarietà coniugale (art. 143 c.c.) implica che entrambi i coniugi abbiano l’obbligo di contribuire al mantenimento della famiglia in proporzione alle proprie capacità economiche. Tuttavia, nel caso in cui uno dei coniugi adempia integralmente ad un obbligo economico (come il pagamento di un mutuo cointestato), il fatto che tale pagamento non possa essere ripetuto dopo la separazione solleva questioni relative alla natura giuridica di tale obbligazione. Si può infatti argomentare che tale pagamento abbia una funzione di collaborazione nell’interesse del nucleo familiare e non possa essere considerato un “prestito” o una “donazione” che giustifichi la restituzione. E ciò perché tale somma era destinata a soddisfare i bisogni comuni e familiari.

L’art. 143 del Codice Civile stabilisce che i coniugi sono tenuti a contribuire ai bisogni della famiglia in proporzione alle loro capacità economiche. Questo principio di solidarietà familiare implica che ciascun coniuge adempia agli obblighi di assistenza morale e materiale, sia con il proprio lavoro professionale che con quello domestico. In questo contesto, il pagamento delle rate del mutuo per l’acquisto della casa familiare, anche se effettuato da un solo coniuge, non deve essere interpretato come una prestazione che possa essere ripetuta successivamente, poiché tale pagamento è inteso come un adempimento all’obbligo di solidarietà familiare. La Corte ha evidenziato che l’erogazione delle somme è stata effettuata nell’interesse della famiglia e in esecuzione del progetto comune di vita coniugale, e non come un prestito tra i coniugi.

La solidarietà coniugale e l’inefficacia della ripetibilità

La Corte di Cassazione ha ribadito il principio di solidarietà coniugale, secondo cui ogni atto compiuto nell’ambito del matrimonio, come il pagamento delle rate di un mutuo cointestato, è finalizzato al benessere comune della famiglia e non deve essere visto come una prestazione da rimborsare. Così facendo, la Corte ha escluso la ripetibilità delle somme erogate, in quanto tali pagamenti sono considerati parte degli obblighi familiari che, al contrario di quanto accadrebbe per prestiti o donazioni, non danno diritto al rimborso. L’unico caso in cui la restituzione potrebbe essere richiesta sarebbe se il pagamento fosse stato effettuato per una causa diversa, come nel caso di un prestito tra i coniugi.

Principio di irripetibilità delle somme

La decisione conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale che, in linea di massima, esclude la ripetibilità delle somme versate per la realizzazione di un progetto familiare comune. La Corte, nel suo ragionamento, ha escluso che un coniuge possa, dopo la separazione, chiedere indietro le somme pagate per il mutuo, in quanto queste sono state erogate per un fine comune. La solidarietà coniugale implica che non ci sia un obbligo di rimborso, ma che ogni coniuge contribuisca in base alle proprie capacità, senza che ciò crei un diritto di credito.

Un altro aspetto interessante:

Nel contesto dell’ordinanza, nell’ordinanza n. 5385/2023 della Corte di Cassazionefa si fa anche riferimento al principio di equiparazione tra il lavoro professionale svolto da un coniuge e il lavoro casalingo o di cura effettuato dall’altro. Tale principio implica che, pur non avendo un corrispettivo economico diretto, entrambi i coniugi contribuiscono al benessere e alla gestione del nucleo familiare.

Questo principio di equiparazione è stato introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 1975, ma la sua applicazione pratica può essere complessa, soprattutto nelle situazioni di separazione o divorzio. La valutazione di quanto un coniuge abbia contribuito al benessere della famiglia, anche senza un compenso economico, può dipendere da vari fattori, come il tempo e le risorse dedicate alle attività familiari e domestiche. Pertanto, è importante approfondire come vengano effettivamente bilanciati questi contributi, specialmente nelle controversie relative alla divisione del patrimonio o alle richieste di restituzione di somme.

Accollo Interno e Ripetibilità delle Somme

L’ordinanza n. 5385/2023 della Corte di Cassazione riguarda anche il tema dell’accollo interno, ossia la divisione interna tra i coniugi del pagamento di un debito (come il mutuo) contratto a nome di entrambi. Sebbene l’accollo possa essere accettato tacitamente o esplicitamente tra i coniugi, la Corte ribadisce che il pagamento da parte di uno solo dei coniugi non giustifica una richiesta di rimborso all’altro, se non ci sono prove di un prestito.

Nell’ambito del diritto di famiglia, l’accollo interno assume una rilevanza particolare. Soprattutto per le obbligazioni contrattuali, come nel caso di mutui, prestiti, e debiti cointestati dai coniugi. Quando uno dei coniugi si fa carico di un debito contrattuale, ciò avviene per le ragioni più diverse: il mutuo per l’acquisto di una casa familiare, un prestito per finanziare attività comuni o, più in generale, obbligazioni che riguardano l’intero nucleo familiare.

In caso di separazione, il coniuge che ha sostenuto i pagamenti potrebbe richiedere la restituzione delle somme, ma a condizione che possa provare che il pagamento non sia stato effettuato in adempimento di un obbligo coniugale, ma come prestito nei confronti dell’altro coniuge. Se non c’è un accordo formale (o tacito) che esprima l’intenzione di fare un “prestito” o che riconosca un accollo, le somme potrebbero essere considerate come parte degli obblighi di solidarietà familiare, non ripetibili.

Esclusione della Ripetibilità in Caso di Solidarietà Familiare e Progetto Comune

La Corte fa un’importante distinzione, escludendo la ripetibilità delle somme qualora il pagamento fosse stato effettuato nell’ambito di un progetto di vita comune. Ciò implica che i pagamenti fatti nell’interesse della famiglia non possono essere considerati come prestiti, ma come obblighi coniugali.

L’interpretazione di un “progetto comune” è una questione ambigua, poiché dipende dalla valutazione del contesto di vita matrimoniale, delle dinamiche familiari e degli accordi impliciti tra i coniugi. Un’analisi che va espletata caso per caso.

Ipotesi di Eccezione: Prova di Un Prestito

La Corte prevede che la restituzione delle somme possa essere giustificata nel caso in cui il pagamento possa essere considerato un prestito. In altre parole, se un coniuge prova che il denaro versato non aveva lo scopo di adempiere ad un obbligo di solidarietà familiare, ma piuttosto quello di un prestito, allora la restituzione potrebbe essere giustificata.

La questione di come si possa provare la natura di un pagamento come prestito, e la distinzione tra prestito e somma erogata nell’ambito della solidarietà familiare, è un punto molto rilevante. La prova della natura del pagamento, e quindi della sua ripetibilità, potrebbe includere documentazione, testimonianze o accordi formali tra i coniugi.