Giurisdizione nelle controversie relative all’acquisto della cittadinanza italiana
Ordinanza della Corte di Cassazione Sez. U, n. 25398 del 23 settembre 2024
La recente ordinanza della Corte di Cassazione Sez. U, n. 25398 del 23 settembre 2024, affronta un tema di grande rilevanza per il diritto processuale e sostanziale: il riparto di giurisdizione nelle controversie relative all’acquisto della cittadinanza italiana, in particolare con riferimento al coniuge straniero o apolide di cittadino italiano. L’ordinanza chiarisce, in modo definitivo, il ruolo della giurisdizione ordinaria e amministrativa nei casi in cui l’acquisto della cittadinanza avvenga “iuris communicatione”, ovvero per effetto del matrimonio con un cittadino italiano, e la possibilità di opporsi al diniego della cittadinanza da parte delle autorità competenti.
Il contesto normativo e giuridico
In primo luogo, è utile contestualizzare la disciplina vigente in materia di cittadinanza italiana, che trova la sua regolamentazione principale nella Legge 5 febbraio 1992, n. 91. L’art. 5 della suddetta legge stabilisce che, in caso di matrimonio con un cittadino italiano, il coniuge straniero o apolide può acquisire la cittadinanza italiana, previo un periodo di residenza stabile e la verifica della sussistenza di determinati requisiti.
Tuttavia, non è sempre automatico che l’acquisto della cittadinanza avvenga senza problematiche. L’ordinanza in esame si concentra proprio sui casi in cui venga negato tale diritto, con particolare attenzione alla distinzione tra il diritto soggettivo del coniuge a ottenere la cittadinanza e le possibili motivazioni ostative derivanti dall’esercizio del potere discrezionale da parte della pubblica amministrazione, in particolare quando la motivazione del rifiuto risiede in questioni relative alla sicurezza della Repubblica.
Il riparto di giurisdizione: ordinaria vs. amministrativa
L’aspetto più significativo dell’ordinanza n. 25398 del 2024 riguarda il riparto di giurisdizione tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo nelle controversie relative all’acquisto della cittadinanza. La Corte di Cassazione ribadisce che, in caso di diniego della cittadinanza italiana in relazione a un coniuge straniero o apolide, la giurisdizione ordinaria spetta nel caso in cui il rifiuto sia giustificato dalla mancanza dei requisiti oggettivi previsti dalla legge. In altre parole, il giudice ordinario è competente a decidere sulla mancata acquisizione della cittadinanza italiana quando il diniego non si fonda su motivi discrezionali legati alla sicurezza nazionale, ma esclusivamente sulla non sussistenza dei requisiti normativi stabiliti dall’art. 5 della Legge n. 91 del 1992.
Viceversa, il giudice amministrativo è competente quando il diniego della cittadinanza è motivato dall’esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica. In questi casi, la pubblica amministrazione esercita un potere discrezionale, il cui esercizio non è sindacabile dal giudice ordinario, ma rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, che ha la competenza esclusiva nelle materie di valutazione discrezionale in cui intervengono questioni di ordine pubblico o sicurezza nazionale.
L’importanza delle disposizioni processuali del DL n. 13/2017
L’ordinanza chiarisce anche che le disposizioni processuali contenute nel Decreto Legge n. 13 del 2017, che ha introdotto modifiche significative alle modalità di accesso alla cittadinanza e alle relative controversie, non assumono rilievo ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo. Pertanto, l’orientamento della Corte, in coerenza con la giurisprudenza precedente, esclude che le modifiche procedurali di natura amministrativa possano influire sulla determinazione della giurisdizione in materia di cittadinanza.
In effetti, come già evidenziato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 1053 del 2022, la distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo nella materia della cittadinanza è fondamentale. Quando il rifiuto della cittadinanza si fonda su motivi legati alla sicurezza nazionale, il ricorso avverso il diniego va proposto al giudice amministrativo, mentre in assenza di tale motivazione, la giurisdizione ordinaria si ritiene competente.
L’Ordinanza n. 25398 del 23 settembre 2024
L’ordinanza della Corte di Cassazione Sez. U, n. 25398 del 23 settembre 2024, rappresenta un ulteriore importante passo nel chiarimento della giurisdizione nelle controversie relative all’acquisto della cittadinanza italiana. La decisione offre una lettura chiara e precisa delle norme che regolano il procedimento, confermando il ruolo distintivo delle giurisdizioni ordinaria e amministrativa a seconda che il rifiuto dell’acquisto della cittadinanza derivi da questioni di merito legato ai requisiti oggettivi o dalla discrezionalità amministrativa riguardante la sicurezza della Repubblica.
In un contesto normativo in continua evoluzione, come quello relativo alla cittadinanza, la Corte di Cassazione continua a svolgere un ruolo fondamentale nel delineare con chiarezza i confini tra i poteri discrezionali dell’amministrazione e i diritti soggettivi degli individui, mantenendo l’equilibrio tra protezione dei diritti dei cittadini e necessità di sicurezza nazionale.
La Massima
“Ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo per le controversie in materia di acquisto della cittadinanza italiana, ex art. 5 e ss. della l. n. 91 del 1992, non assumono rilievo le disposizioni processuali di cui al d.l. n. 13 del 2017, attributive della competenza: in caso di acquisto della cittadinanza italiana “iuris communicatione”, il diritto soggettivo a conseguire la cittadinanza spettante al coniuge straniero (o apolide) di cittadino italiano affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell’esercizio, da parte della pubblica amministrazione, del potere discrezionale di valutare l’esistenza di motivi, inerenti alla sicurezza della Repubblica, ostativi a detto acquisto, di talché sussiste la giurisdizione ordinaria ogni qualvolta il diniego sia giustificato dalla mancanza dei requisiti oggettivi prescritti dalle disposizioni in esame, mentre sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, allorquando la cittadinanza venga invece rifiutata proprio per l’esistenza di motivi inerenti alla pubblica sicurezza.”
Riferimenti normativi e giurisprudenziali:
- Legge 5 febbraio 1992, n. 91, art. 5
- Decreto Legge 17 febbraio 2017, n. 13, art. 3
- Massima Precedente: Corte Costituzionale, sentenze n. 46/2017, n. 1053/2022
- Ordinanza Corte di Cassazione, n. 25398/2024
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