Affitti brevi e diritto all’abitazione: un bilanciamento tra libertà individuale e interesse collettivo
L’emergenza abitativa nelle grandi città italiane pone una sfida giuridica cruciale: il bilanciamento tra libertà individuale e interesse collettivo, cioè bilanciare il diritto di proprietà privata con l’esigenza sociale di garantire abitazioni accessibili. L’espansione degli affitti brevi, alimentata da piattaforme digitali come Airbnb, ha amplificato il problema.
L’Italia come al solito è in ritardo su questo tema, seppur le sue città, per storia e struttura, siano più fragili ed esposte a questa problematica. Il diritto all’abitazione e la regolamentazione della proprietà privata nell’era digitale saranno centrali nei prossimi decenni. L’equilibrio tra libertà individuali e bisogni collettivi si giocherà su terreni nuovi, come le piattaforme digitali, la fiscalità, e l’urbanizzazione sostenibile. Affrontare questi temi richiederà un approccio innovativo, capace di armonizzare tradizione giuridica e nuove esigenze sociali sempre più pressanti.
L’emergenza abitativa e il ruolo degli affitti brevi
Le grandi città italiane, come Roma, Firenze, Venezia, Milano e Napoli, stanno affrontando una duplice pressione: da un lato, l’aumento della domanda turistica; dall’altro, la difficoltà di garantire un’offerta abitativa sostenibile per i residenti, per gli studenti e per i lavoratori.
Secondo il rapporto 2023 dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), negli ultimi cinque anni gli affitti a lungo termine nelle città d’arte sono diminuiti del 20%, mentre il costo degli affitti brevi è aumentato in media del 35%. Questo fenomeno si deve principalmente alla crescita di piattaforme digitali, che consentono ai proprietari di ottenere guadagni significativamente superiori rispetto ai contratti tradizionali. Oltre ad una garanzia superiore rispetto al pericolo di un inquilino moroso ed una eventuale, lunga e snervante, procedura giudiziaria di sfratto.
La proprietà privata e i suoi limiti giuridici
La proprietà privata è un diritto fondamentale sancito dall’articolo 42 della Costituzione italiana, che ne riconosce la funzione sociale e ne subordina l’esercizio alla legge. Questo principio, che combina libertà e responsabilità, impone un bilanciamento con altri diritti costituzionalmente protetti, come il diritto all’abitazione (art. 47 Cost.).
Sappiamo già che, per esempio, in contesti condominiali il diritto di proprietà ha dei limiti, così come si pongono dei limiti in altre situazioni specifiche, ma come si pone il diritto di proprietà rispetto alla società? La Corte Costituzionale, in diverse pronunce, ha riaffermato che il diritto di proprietà non è assoluto. In particolare:
- Sentenza n. 108/1986: “La funzione sociale della proprietà impone che il suo esercizio sia conforme al soddisfacimento di interessi collettivi.”
- Sentenza n. 348/2007: il diritto di proprietà deve essere bilanciato con i diritti fondamentali delle persone, come la dignità e l’accesso a un’abitazione.
I percorsi argomentativi che hanno portato all’affermazione di questi principi consentono di giustificare limitazioni alla libertà dei proprietari, purché proporzionate e finalizzate al perseguimento di obiettivi legittimi di interesse pubblico. Sopratutto consentiranno in futuro di creare, se il legistalore li seguirà, un bilanciamento tra libertà individuale e interesse collettivo.
Le regolamentazioni locali e internazionali
Italia: verso un quadro normativo frammentato
Alcune città italiane, dopo innumerevoli pressioni, hanno introdotto regolamenti per limitare l’impatto degli affitti brevi, visto che attualmente queste città sembrano essere diventate dei gusci vuoti. Come fossero città luna park.
- Firenze ha vietato nuovi affitti brevi nel centro storico, dichiarato patrimonio UNESCO. Ma la misura è stata molto blanda.
- Venezia sta implementando un sistema di quote per limitare gli affitti turistici in aree ad alta densità turistica.
Tuttavia, queste misure sono spesso oggetto di contestazioni legali da parte dei proprietari, che le percepiscono come una violazione della loro libertà economica. Infatti, difficilmente, un proprietario che percepisce enormi introiti potrebbe comprendere le problematiche sociali dell’aumento esponenziale delle residenze turistiche.
Esperienze internazionali: modelli di riferimento
- Parigi: Limite massimo di 120 giorni all’anno per gli affitti brevi. I proprietari devono registrarsi presso il comune e rispettare norme urbanistiche specifiche.
- Berlino: Il “Zweckentfremdungsverbot” vieta l’utilizzo di abitazioni come affitti turistici senza una specifica autorizzazione. Le violazioni possono comportare multe estremamente salate.
- Barcellona: Il comune ha imposto una moratoria sul rilascio di nuove licenze per gli affitti brevi, per proteggere il mercato residenziale.
Questi esempi, ognuno più o meno efficace, evidenziano l’importanza di un approccio normativo integrato, che bilanci l’interesse economico con quello sociale.
Piattaforme digitali e nuove sfide giuridiche
Le piattaforme come Airbnb hanno rivoluzionato il mercato immobiliare, ma sollevano questioni giuridiche complesse:
- Trasparenza fiscale: La difficoltà di monitorare i redditi generati dagli affitti brevi crea problemi di evasione fiscale. Inoltre le piattaforme ragionano in modo internazionale, difficilmente potranno adeguare i loro standard di verifica ai regolamenti nazionali e regionali.
- Responsabilità delle piattaforme: Finora, le piattaforme si sono presentate come semplici intermediari, ma alcune regolamentazioni (es. in Francia) iniziano a prevedere obblighi diretti, come la segnalazione automatica degli introiti.
- Privacy e dati: Le piattaforme raccolgono enormi quantità di dati sugli utenti e anche in questo settore il problema privacy va approfondito.
Il diritto all’abitazione come diritto fondamentale
Il diritto all’abitazione è riconosciuto non solo dalla Costituzione italiana, ma anche da strumenti internazionali, come la Carta Sociale Europea e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 8).
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha stabilito che gli Stati devono adottare misure adeguate per garantire l’accesso a un’abitazione dignitosa, anche a costo di limitare altri diritti, come la proprietà privata (caso Hatton v. UK, 2003). Questo orientamento potrebbe ispirare future regolamentazioni italiane.
La Corte, infatti, ha stabilito che:
- Bilanciamento dei diritti: Gli Stati possono imporre restrizioni alla proprietà privata per garantire diritti collettivi, come il diritto a un’abitazione dignitosa, a condizione che tali limitazioni siano proporzionate e necessarie.
- Obbligo positivo dello Stato: Non è sufficiente che uno Stato si astenga dall’interferire nei diritti fondamentali; deve adottare misure positive per promuoverli, come politiche abitative adeguate.
La giurisprudenza della CEDU rafforza l’idea che regolamentare il mercato immobiliare per garantire l’accesso a case dignitose potrebbe essere una misura legittima, persino se impone restrizioni ai diritti dei proprietari.
La logica del bilanciamento tra diritti individuali e interessi pubblici potrebbe giustificare regolamenti più stringenti sugli affitti brevi, per rispondere alla crisi abitativa nelle grandi città.
Se i diritti abitativi non vengono adeguatamente tutelati, si potrebbero aprire nuovi scenari giuridici nei confronti delle P.A. italiane, rivolgersi alla CEDU, che potrebbe intervenire per richiedere allo Stato italiano di adottare misure correttive.
La sentenza Hatton v. UK rappresenta un precedente significativo che può essere utilizzato per giustificare interventi di regolazione del mercato immobiliare, bilanciando diritti fondamentali come quello alla proprietà con la necessità di proteggere il diritto all’abitazione. Questo orientamento è particolarmente rilevante in un’epoca di crescente urbanizzazione e crisi abitativa.
Prospettive future: verso un equilibrio sostenibile
Per affrontare il problema, il legislatore italiano potrebbe adottare misure ispirate a principi di:
- Proporzionalità: Limitazioni agli affitti brevi che rispettino la libertà economica, ma siano finalizzate a preservare il diritto all’abitazione.
- Incentivazione: Agevolazioni fiscali per i proprietari che affittano a lungo termine, un miglioramento delle procedure di sfratto.
- Trasparenza: Rafforzare gli obblighi di registrazione e controllo fiscale delle piattaforme.
Il futuro richiederà un equilibrio tra diritto e mercato, in cui le città non siano solo luoghi per i turisti, ma rimangano vivibili per i loro abitanti. Tutelando così non solo le città nella loro natura collettiva, come esseri viventi, ma anche i cittadini che ci vivono e che sono parte di quella città, di quella storia.
L’emergere di un diritto all’abitazione specifico per le aree urbane e il bilanciamento tra libertà individuale e interesse collettivo
Il diritto all’abitazione è già riconosciuto come diritto fondamentale, ma il suo contenuto potrebbe evolvere per rispondere alle specifiche future sfide:
- Diritto alla residenza stabile nelle città: Si discute sempre più del diritto dei residenti a vivere nei centri urbani senza essere esclusi da dinamiche speculative. Questo potrebbe portare a una ridefinizione del diritto all’abitazione come diritto a risiedere in un luogo che non sia solo destinato a turisti o utenti temporanei.
- Giurisprudenza europea: La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) potrebbe intervenire su casi legati alla mancanza di politiche abitative adeguate nei contesti urbani, riconoscendo una dimensione collettiva al diritto all’abitazione.
La regolamentazione degli affitti brevi non è solo una questione economica, ma un banco di prova per il diritto contemporaneo. Proteggere il diritto all’abitazione senza comprimere eccessivamente la libertà dei proprietari rappresenta una sfida che richiede un approccio giuridico innovativo, umano e lungimirante. Una sfida che non solo tutelerà i cittadini, ma soprattutto le città nella loro essenza.
La Giustizia: Una Questione di Prospettive