La Sentenza 43082/2024: Un Ulteriore Passo nella Direzione Sbagliata del Legislatore e le Sue Implicazioni sul Sistema Giuridico e sull’Economia
Il 26 novembre 2024, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha emesso la sentenza n. 43082, trattando un tema delicato e di grande rilevanza: le misure alternative alla detenzione, con particolare riferimento all’espulsione di cittadini stranieri. Il caso in esame ha messo in luce una contraddizione tra le recenti modifiche legislative e le norme sovranazionali, nonché la continua difficoltà del legislatore italiano nel prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), i principi internazionali che guidano il diritto penale (e non solo), la protezione dei diritti fondamentali, nonché la giurisprudenza italiana, anche se ampiamente consolidata.
L’Abrogazione dell’Art. 19, Comma 1.1: Una Soluzione Inadeguata
La modifica legislativa che ha abrogato il terzo e quarto periodo del comma 1.1 dell’art. 19 del Decreto Legislativo n. 286 del 1998 ha avuto come effetto l’inasprimento delle disposizioni relative all’espulsione dei cittadini stranieri. Con questa abrogazione, il legislatore ha giustificato il suo intervento in nome di una “rivisitazione complessiva della disciplina della protezione speciale”. Tuttavia, come sottolineato dalla Corte, questa abrogazione non può annullare il rispetto di principi sovranazionali ben consolidati, come l’art. 8 della CEDU, che tutela il diritto alla vita privata e familiare degli individui.
In sostanza, l’espulsione di uno straniero non può essere disposta come sanzione alternativa alla detenzione quando essa costituisce una violazione del diritto alla vita privata e familiare, che resta protetto dalla giurisprudenza di Strasburgo. Il legislatore, agendo senza un’adeguata considerazione di questi principi, ha creato una norma che, oltre a non rispettare le sentenze della Corte EDU, potrebbe avere gravi ripercussioni sul sistema giuridico e sull’equilibrio complessivo del diritto penale italiano.
La Giurisprudenza Sovranazionale Come Faro del Diritto Nazionale
Il ruolo delle corti nazionali, e in particolare delle corti italiane, nell’interpretazione delle leggi dovrebbe essere guidato dai principi enunciati dalla giurisprudenza sovranazionale. Come evidenziato dalla Corte di Cassazione, l’interpretazione delle leggi nazionali deve essere conforme alla CEDU, che, anche nel contesto di misure alternative alla detenzione, continua a garantire il diritto alla vita privata e familiare come inviolabile. Le decisioni della Corte EDU non sono mere indicazioni, ma
principi vincolanti che ogni giurista italiano è chiamato a rispettare.
Il contrasto tra le modifiche legislative e le decisioni giuridiche sovranazionali è emblematico di una tendenza preoccupante: il legislatore italiano continua a “mettere mano” alle leggi senza tener conto delle implicazioni giuridiche più ampie, come i trattati internazionali, le convenzioni sovranazionali e la giurisprudenza delle corti europee. Tale atteggiamento non solo indebolisce il sistema giuridico nazionale, ma rischia anche di creare una pericolosa dissonanza tra il diritto interno e quello internazionale.
Inespellibilità dei Conviventi
Implicazioni Economiche: I Costi di un Sistema Giuridico Inadeguato
Non solo il diritto, ma anche l’economia subisce gravi danni da questo continuo intervento legislativo senza un’adeguata considerazione della giurisprudenza e dei principi internazionali che guidano il Diritto . Le modifiche in materia di misure alternative alla detenzione hanno l’effetto di aumentare il numero di ricorsi e il contenzioso legale, con conseguente aumento dei costi processuali. Secondo una stima dell’Unione delle Camere Penali Italiane, le spese per la gestione del sistema penale e il numero di procedimenti legali sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi anni. In particolare, si stima che solo nel 2023, i costi diretti del sistema giuridico italiano siano aumentati del 5% rispetto all’anno precedente, gran parte di questo incremento dovuto al proliferare di ricorsi legati a misure alternative alla detenzione che entrano in conflitto con i principi sovranazionali.
L’inasprimento delle leggi, infatti, non solo rende più arduo il lavoro delle corti, ma amplifica anche i costi per lo Stato, che deve sostenere i costi legali e amministrativi, spesso con l’esito di dover rifare l’intero iter giuridico a causa delle incongruenze con la normativa europea.
Il Futuro: Una Riflessione Critica sul Ruolo del Legislatore e sui principi internazionali che guidano il Diritto
La sentenza n. 43082/2024 rappresenta, dunque, un’importante occasione di riflessione. Essa ci ricorda che il legislatore deve avere il coraggio di rivedere le proprie decisioni, cercando di allinearsi maggiormente con i principi giuridici internazionali e con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Tuttavia, la continua disattenzione verso queste realtà non è solo un problema giuridico, ma economico e sociale. La frammentazione del diritto, la creazione di norme dissonanti e l’aumento dei costi del sistema giuridico non fanno altro che compromettere l’efficienza del sistema, aumentando la tensione sociale e generando sfiducia nei confronti delle istituzioni.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione in questa sentenza dovrebbe servire da monito per il legislatore italiano, affinché smetta di ignorare le implicazioni sovranazionali nelle sue decisioni legislative e inizi ad adottare un approccio più integrato, che riconosca il valore di un sistema giuridico uniforme e rispettoso dei diritti umani fondamentali.
Solo così, forse, sarà possibile prevenire un ulteriore deterioramento delle garanzie giuridiche, mantenendo un sistema giuridico che non solo rispetti il diritto internazionale, ma che sia anche efficiente e sostenibile dal punto di vista economico.
La massima:
La Prima Sezione penale ha affermato che, anche a seguito dell’intervenuta abrogazione del terzo e quarto periodo del comma 1.1 dell’art. 19 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, l’espulsione dello straniero a titolo di sanzione alternativa alla detenzione, prevista dall’art. 16, comma 5, d.lgs. citato, non può essere disposta quando la misura si risolva in un’ingerenza nella vita privata e familiare dell’interessato, vietata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla Corte EDU.
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