Corte EDU, Longo c. Italia del 12 settembre 2024
Combinare la legalità con la vita delle persone è una sfida complessa, ma non impossibile. La sentenza Longo c. Italia ribadisce che le demolizioni non devono essere viste come una punizione, ma come uno strumento per ripristinare l’ordine urbanistico. Tuttavia, è essenziale che queste misure siano accompagnate da un’attenzione particolare agli aspetti umani, attraverso, la prevenzione (sconosciuta), politiche inclusive, mediazione e sostegno sociale. Solo così sarà possibile creare un sistema giuridico che non solo applica la legge, ma costruisce anche fiducia e rispetto tra cittadini e istituzioni.
La sentenza della CEDU, pur riaffermando la legittimità della demolizione nel caso Longo, lascia spazio a una riflessione più ampia: come possiamo garantire che il diritto urbanistico non si trasformi in una fonte di esclusione sociale? La risposta risiede in un approccio equilibrato, che metta al centro sia l’interesse pubblico (rispetto delle regole, rispetto del territorio, rischi geologici, salvaguardia del suolo) sia il rispetto della vita privata.
Le istituzioni hanno il dovere di applicare le leggi, ma anche di farlo in modo umano e responsabile. Per esempio, come è possibile che con il controllo del territorio che c’è in Italia una persona riesca a costruire abusivamente? Questo interrogativo evidenzia non solo un problema di vigilanza territoriale, ma anche una mancanza di intervento tempestivo da parte delle istituzioni. Prevenire le opere abusive richiede un controllo efficace e continuativo del territorio, oltre che politiche di sensibilizzazione rivolte ai cittadini.
Piuttosto che intervenire tardivamente con demolizioni traumatiche, un approccio più umano e responsabile dovrebbe puntare su prevenzione, dialogo e soluzioni inclusive, integrando la vigilanza urbanistica con politiche di sostegno alle famiglie vulnerabili.
La Sentenza Longo c. Italia: La Natura Ripristinatoria dell’Ordinanza di Demolizione nelle Costruzioni Abusive
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) si è recentemente pronunciata sul caso Longo c. Italia (ricorso n. 35780/18), dichiarando all’unanimità il ricorso inammissibile. Questa decisione, definitiva, rappresenta un’importante conferma dell’approccio della Corte in materia di demolizioni legate a costruzioni abusive. L’analisi della sentenza solleva temi centrali legati all’articolo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (“nulla poena sine lege”), alla distinzione tra misure punitive e ripristinatorie, e al bilanciamento tra interesse pubblico e diritti individuali.
Una Sintesi dei Fatti
Il ricorrente, Longo, cittadino italiano nato nel 1946, era stato condannato nel 1997 per aver costruito senza permesso un magazzino agricolo di 200 mq nel comune di Partinico, Sicilia. Oltre alla pena detentiva sospesa e a una multa, il Tribunale di Palermo aveva ordinato la demolizione dell’immobile.
Nonostante Longo avesse richiesto un’amnistia edilizia, le autorità stabilirono che le condizioni per ottenerla non erano state rispettate, poiché la costruzione era successiva ai termini stabiliti dalla legge. Successivi ricorsi dinanzi ai tribunali italiani confermarono la natura vincolante dell’ordinanza di demolizione, che fu interpretata come misura ripristinatoria, non soggetta a prescrizione.
La Questione Giuridica Centrale
Longo sosteneva che l’ordinanza di demolizione costituisse una “pena” ai sensi dell’articolo 7 della Convenzione. Tale qualificazione, secondo il ricorrente, avrebbe reso applicabile il termine di prescrizione. La CEDU ha respinto questa tesi, ribadendo che l’ordinanza di demolizione è finalizzata a ripristinare lo stato originario del sito, rappresentando quindi una misura riparatoria e non punitiva.
Le Principali Argomentazioni della CEDU
- Natura Ripristinatoria delle Ordinanze di Demolizione
La Corte ha sottolineato che le ordinanze di demolizione, previste dalla legislazione italiana (articolo 31, comma 9 del Testo Unico sull’Edilizia, derivato dalla Legge n. 47/1985), mirano a ristabilire l’equilibrio urbanistico violato dalla costruzione abusiva. La demolizione non è quindi intesa come una sanzione per l’autore del reato, ma come una misura necessaria per proteggere l’interesse pubblico, in particolare il rispetto delle norme edilizie e la tutela dell’ambiente.
- Indipendenza della Natura Giuridica dell’Ordine di Demolizione
La CEDU ha rilevato che, sebbene l’ordinanza sia stata emessa dal giudice penale, ciò non altera la sua essenza non punitiva. La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali in cui misure adottate da giudici penali (es. risarcimenti civili) non erano considerate pene.
Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 7 CEDU, la Corte Edu – basandosi su di una ricognizione del quadro normativo nazionale, riferito ai permessi di costruire, alla regolarizzazione ed ai condoni, e svolta una valutazione del rapporto tra regolamenti edilizi e procedimenti penali – ha ritenuto che l’ordine di demolizione sia stato emesso in conformità con l’art. 7 della legge n. 47 del 1985 (ora art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380/2001). Secondo i giudici di Strasburgo, tale ordine di demolizione, seppure emesso da un giudice penale, è identico per natura a quello eventualmente emesso dall’autorità amministrativa municipale.
- Inapplicabilità della Prescrizione
Data la natura non punitiva dell’ordinanza, la Corte ha concluso che essa non rientra nell’ambito dell’articolo 7 della Convenzione, che tutela i cittadini da pene retroattive o prive di base legale. Pertanto, l’ordinanza di demolizione non è soggetta a limiti temporali.
Confronto con la Giurisprudenza Italiana
La sentenza della CEDU si allinea con le decisioni della Corte di Cassazione italiana, che ha ripetutamente affermato la natura ripristinatoria delle ordinanze di demolizione. Ad esempio, la Suprema Corte ha stabilito che la demolizione rappresenta uno strumento per ripristinare la legalità violata e non una punizione ulteriore per il responsabile della costruzione abusiva (Cass. pen., sez. III, sent. n. 31677/2018).
Inoltre, la Cassazione ha chiarito che l’efficacia delle ordinanze di demolizione non può essere limitata da termini di prescrizione, proprio perché il loro scopo non è sanzionatorio ma conservativo dell’ordinamento urbanistico (Cass. pen., sez. III, sent. n. 18678/2017).
Implicazioni per il Diritto di Proprietà
Longo aveva anche invocato l’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, che tutela il diritto di proprietà, sostenendo che la demolizione rappresentasse un’interferenza sproporzionata. La CEDU ha respinto questo argomento, sottolineando che:
- La costruzione era stata realizzata senza permesso, violando le leggi nazionali.
- La demolizione era necessaria per garantire l’efficacia delle norme edilizie e dissuadere futuri illeciti.
- L’onere economico e materiale per Longo non era eccessivo rispetto all’interesse pubblico perseguito.
La sentenza Longo c. Italia ribadisce la linea di confine tra misure punitive e ripristinatorie nel diritto urbanistico. La demolizione di edifici abusivi rappresenta uno strumento essenziale per garantire il rispetto delle normative edilizie e preservare l’interesse collettivo, nonostante l’impatto sui diritti di proprietà individuali.
Questa decisione rafforza inoltre il ruolo delle autorità locali e giudiziarie nel far rispettare le regole urbanistiche senza essere vincolate da termini prescrizionali, consolidando il principio secondo cui l’interesse pubblico deve prevalere sugli interessi privati in materia di gestione del territorio.
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