Separazione delle Carriere

Separazione delle Carriere: Rivoluzione della Giustizia o Falsa Promessa? Ciò che andrebbe compreso è qual è l’intento? È giusto che una classe politica tra le più indagate nella storia si occupi di un tema così delicato?

Il Sistema Attuale: Giudici e PM, Due Facce della Stessa Medaglia

In Italia, magistrati giudicanti (i giudici) e magistrati requirenti (i pubblici ministeri) appartengono allo stesso ordine e sono governati dal Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Un organismo costituzionale che, in teoria, garantisce l’indipendenza della magistratura, ma che in pratica è spesso al centro di scontri politici e tensioni interne.

La particolarità del nostro sistema sta nel fatto che giudici e PM condividono lo stesso percorso professionale, lo stesso concorso, la stessa formazione e possono perfino cambiare ruolo durante la carriera: un magistrato requirente può diventare giudicante e viceversa. Il tutto sotto il controllo (o forse sarebbe meglio dire “con la benedizione”) del CSM.

Questo assetto deriva dall’articolo 107 della Costituzione e da una visione della magistratura come corpo unico e indipendente dal potere esecutivo.

Ma è davvero così?

Il Dilemma: Perché Separare le Carriere?

Chi spinge per la separazione delle carriere (Escludendo politici indagati e “malintenzionati”) parte da un principio apparentemente semplice:

PM e giudici hanno ruoli diversi e non dovrebbero appartenere allo stesso ordine.

  • Il giudice è terzo e imparziale, chiamato a decidere tra accusa e difesa.
  • Il pubblico ministero è parte nel processo penale, rappresenta lo Stato e accusa il cittadino sospettato di un reato.

Il problema? Oggi il PM è considerato dalla legge un magistrato, quindi un soggetto imparziale e non una parte vera e propria. Questo porta alla domanda chiave:

Il cittadino imputato è davvero sullo stesso piano dello Stato nel processo penale? O esiste un’asimmetria di potere tra accusa e difesa?

Chi propone la riforma sostiene che avere giudici e PM nello stesso ordine crea un’influenza reciproca che mette a rischio l’imparzialità del giudice. In altre parole, PM e giudici sono colleghi, spesso si conoscono, hanno percorsi comuni: tutto ciò rischia di favorire una mentalità corporativa e di alterare l’equilibrio processuale.

Il Problema Tecnico: Chi Controlla i PM Separati?

La vera questione, però, non è tanto la divisione in sé, quanto a chi farebbe capo il nuovo ordine dei PM. Oggi il CSM controlla tutta la magistratura, ma se separiamo le carriere, i PM devono avere un altro organo di autogoverno. Le ipotesi sono due:

  1. Creare un secondo Consiglio Superiore della Magistratura dedicato ai PM.
  2. Mettere i PM sotto il controllo dell’Esecutivo, come avviene in altri paesi, ad esempio in Francia, dove il Ministro della Giustizia può dare direttive ai procuratori.

Entrambe le soluzioni hanno pro e contro:

  • Un CSM-bis manterrebbe l’autonomia della magistratura inquirente, ma moltiplicherebbe i problemi burocratici e il rischio di politicizzazione.
  • Subordinare i PM al governo darebbe più efficienza e coerenza nell’azione penale, ma rischierebbe di compromettere l’indipendenza della magistratura e aumentare le interferenze politiche nei processi.

Il Nodo dell’Azione Penale Obbligatoria

Un altro aspetto fondamentale riguarda l’azione penale del pubblico ministero, che in Italia è obbligatoria ai sensi dell’articolo 112 della Costituzione. Questo significa che il PM deve perseguire ogni reato di cui venga a conoscenza, senza possibilità di selezionare arbitrariamente quali casi trattare e quali no.

Se i PM venissero posti sotto il controllo dell’esecutivo, si porrebbe una questione cruciale: il governo potrebbe di fatto influenzare le priorità investigative, limitando l’autonomia della magistratura requirente. Questo potrebbe portare a un pericoloso uso politico della giustizia, con il rischio che alcuni reati vengano perseguiti con più o meno vigore a seconda dell’orientamento dell’esecutivo in carica.

Rischi e Conseguenze della Separazione delle Carriere

La separazione delle carriere porterebbe a uno stravolgimento dell’assetto giuridico italiano. Alcuni dei possibili rischi includono:

  • Maggior controllo politico sui PM, se finissero sotto l’esecutivo. Questo potrebbe tradursi in una giustizia “a doppia velocità”, con alcune inchieste frenate e altre accelerate in base all’interesse del governo di turno.
  • Divergenze tra giudici e PM più marcate, con meno possibilità di collaborazione investigativa e un maggiore rischio di contrasti tra i due ruoli.
  • Difficoltà nella transizione, perché bisognerebbe riformare l’intero sistema di accesso e carriera della magistratura.
  • Indebolimento dell’azione penale obbligatoria, con la possibile introduzione di criteri di priorità che potrebbero esporre il sistema a interferenze politiche.
  • Aumento del divario tra accusa e difesa, con PM più forti rispetto agli avvocati, soprattutto senza una riforma parallela dell’ordinamento forense.
  • Maggiore rischio di magistrati “di tendenza”, con pubblici ministeri vicini a un determinato orientamento politico, il che potrebbe compromettere ulteriormente la percezione di imparzialità della giustizia.

Il Processo Oggi: Veramente Equo?

A questo punto sorge un’ulteriore domanda: PM e avvocato della difesa sono davvero pari nel processo penale?

La risposta, purtroppo, è negativa. Il PM ha il potere di avviare le indagini, di raccogliere prove e di richiedere misure cautelari. L’avvocato della difesa, invece, ha strumenti più limitati e deve rincorrere l’accusa nel tentativo di smontare le tesi dell’accusa.

A questo si aggiunge un altro problema enorme: la sproporzione delle risorse. I PM hanno a disposizione la polizia giudiziaria, consulenti, intercettazioni, strumenti investigativi avanzati e, soprattutto, il tempo per sviluppare un’indagine. Gli avvocati, al contrario, dipendono esclusivamente dalle risorse private del loro cliente. Se un imputato non ha i mezzi economici per pagare investigatori privati o per sostenere perizie, la sua difesa rischia di essere molto più debole.

La questione economica è quindi fondamentale: chi ha più soldi ha maggiori possibilità di difendersi, mentre chi è indigente è svantaggiato in partenza. Questo crea un’ulteriore disparità tra accusa e difesa, aumentando il rischio di processi sbilanciati.

La separazione delle carriere potrebbe equilibrare questa situazione? Forse, ma senza una riforma contestuale della difesa e delle garanzie per gli imputati, il rischio è che il PM diventi ancora più potente senza alcuna vera tutela aggiuntiva per il cittadino.

Con la Separazione delle Carriere i PM Potrebbero Diventare Più Potenti?

Paradossalmente, la separazione delle carriere potrebbe rafforzare ulteriormente il potere dei PM, anziché ridurlo. Se i pubblici ministeri venissero posti sotto un organo separato e indipendente, avrebbero più autonomia senza un effettivo contrappeso. Inoltre, la riforma potrebbe portarli ad acquisire maggiori strumenti investigativi e una specializzazione ancora più marcata, rendendo la difesa ancora più difficile.

Se poi i PM venissero messi sotto il controllo dell’esecutivo, il rischio sarebbe di una giustizia politicizzata, con procuratori influenzati dalle priorità del governo di turno. La possibilità di influenzare le indagini diventerebbe un’arma potentissima nelle mani della politica, mettendo a rischio la reale imparzialità della giustizia.

Il sistema italiano è definito misto perché presenta elementi sia del sistema inquisitorio (tipico dei paesi di tradizione giuridica continentale) sia del sistema accusatorio (di matrice anglosassone).

Sistema inquisitorio (modello tradizionale europeo)

Nell’originario modello inquisitorio, che ha dominato in Italia fino alla riforma del codice di procedura penale del 1988, il processo penale è fortemente dominato dal giudice, il quale ha un ruolo attivo sia nella fase investigativa che in quella decisionale. Le principali caratteristiche sono:

  • Centralità del giudice, che conduce le indagini e raccoglie le prove.
  • Ruolo passivo delle parti (PM e difesa), con limitata possibilità di influenzare il procedimento.
  • Dossier scritto: il processo si basa sugli atti raccolti durante le indagini, più che sul dibattimento in aula.

Sistema accusatorio (modello anglosassone)

Il modello accusatorio, tipico dei paesi di common law come Stati Uniti e Regno Unito, si basa invece su un’impostazione completamente diversa:

  • Separazione netta tra chi accusa e chi giudica: il PM è una parte vera e propria e il giudice è un arbitro imparziale.
  • Centralità del dibattimento orale: la prova si forma nel contraddittorio tra accusa e difesa in aula.
  • Ruolo centrale della giuria (nei sistemi anglosassoni), che decide sulla colpevolezza dell’imputato.

Il modello italiano: un ibrido tra inquisitorio e accusatorio

Con la riforma del 1988, il sistema italiano si è avvicinato al modello accusatorio, ma ha mantenuto diverse caratteristiche inquisitorie. Per esempio:

  • Il PM è ancora un magistrato, non una parte “pura” come nel modello anglosassone.
  • Le indagini preliminari sono dominate dal PM, che raccoglie prove senza un vero contraddittorio iniziale con la difesa.
  • Il giudice può accedere al fascicolo dell’indagine e non è un semplice arbitro neutrale come nel sistema anglosassone.
  • L’azione penale è obbligatoria, ma di fatto selezionata dai PM in base alle priorità e alle risorse.

Perché la separazione delle carriere si collega a questo tema?

Nel modello accusatorio puro, accusa e difesa devono essere sullo stesso piano. Tuttavia, in Italia, il PM è più simile a un giudice che a un avvocato, perché fa parte della magistratura e condivide la stessa cultura giuridica del giudice che decide. Separare le carriere mirerebbe a rendere il PM una vera parte processuale, indipendente dalla magistratura giudicante, ma questo porterebbe i problemi di cui abbiamo discusso sopra.

Separazione delle Carriere: Rivoluzione o Falsa Soluzione?

Separare le carriere è un’idea che ha senso in un sistema accusatorio puro, come quello anglosassone, dove il PM è nettamente distinto dal giudice e ha un ruolo simile a quello dell’accusatore pubblico. Ma in Italia, dove il nostro sistema è un ibrido tra inquisitorio e accusatorio, la separazione delle carriere senza ulteriori riforme rischia di essere una toppa peggiore del buco.

Se la soluzione fosse solo burocratica, sarebbe fin troppo semplice. Ma il vero nodo è l’indipendenza della giustizia e l’equilibrio tra poteri. Perché, alla fine, ciò che conta davvero è garantire ai cittadini un processo equo, in cui lo Stato e il singolo siano veramente sullo stesso piano. E su questo, la strada è ancora lunga.

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