L’Ordinanza 15601/2023 sull’azione popolare proposta contro un atto politico “simbolico”

L’Ordinanza 15601/2023 sull’azione popolare proposta contro un atto politico

L’ordinanza n. 15601 del 01/06/2023, S.U., affronta una questione tanto peculiare quanto rilevante sotto il profilo tecnico-giuridico-politico un’azione popolare proposta contro un atto politico “simbolico”. La conferma del difetto assoluto di giurisdizione riguardo all’azione popolare intentata contro la delibera di un Comune che aveva attribuito la cittadinanza onoraria a Jair Bolsonaro. Pur trattandosi di un titolo puramente onorifico, la vicenda solleva interrogativi su temi quali la funzione della cittadinanza onoraria, i limiti dell’azione popolare e il bilanciamento tra autonomia degli enti locali e tutela dei principi democratici.

Un’azione simbolica? Un’azione propagandistica? Un tentativo forse audace, forse ingenuo di usare il diritto per portare avanti un messaggio politico? Un’azione che, a posteriori, appare più simbolica che concreta, ma che, paradossalmente, finisce per rafforzare (giuridicamente) proprio il principio che contestava:

il potere discrezionale della politica nel regno del simbolico.

Ma che allo stesso tempo apre un dibattito sullo stesso tema. Un dibattito democratico, giuridico e sociale.

Da un punto di vista strettamente giuridico, l’azione era destinata a fallire (a seconda del giurista che scrive). L’azione popolare ex art. 9 del TUEL è chiaramente una forma di tutela sostitutiva, non correttiva. Era evidente, quindi, che l’iniziativa non avrebbe potuto superare i limiti di ammissibilità posti dalla norma. Inoltre, la natura dell’atto in questione – una deliberazione simbolica priva di effetti giuridici – era del tutto fuori dal perimetro delle competenze sindacabili del giudice.

Dal punto di vista tecnico-giuridico, l’azione era poco fondata. Comunque legittima, ma fragile.

L’azione aveva una carica simbolica che non può essere ignorata. La cittadinanza onoraria conferita a Bolsonaro è percepita da molti come un atto divisivo, in un contesto già polarizzato, e l’iniziativa legale potrebbe essere vista come una risposta “di principio” per affermare un dissenso politico.

La vicenda, però, solleva una domanda cruciale: quanto le istituzioni devono rendere conto dei loro atti, anche quando questi sono puramente simbolici? La scelta di attribuire una cittadinanza onoraria a una figura così polarizzante come Bolsonaro ha generato una reazione proporzionata, in parte comprensibile, dato il peso morale di tali decisioni.

Allo stesso tempo, ricorrere al diritto per risolvere una questione che avrebbe potuto/dovuto (come comunque si è fatto) trovare spazio nella dialettica politica e nella partecipazione democratica diretta sembra un uso improprio delle risorse giurisdizionali. L’ordinanza stessa sottolinea questo punto, richiamando il ruolo del dibattito pubblico e delle libertà costituzionali come luoghi privilegiati per risolvere simili conflitti.

L’ordinanza n. 15601 del 01/06/2023è impeccabile dal punto di vista giuridico. (ovviamente il diritto varia e l’impeccabilità dell’ordinanza può essere suscettibile di vastissime critiche) Le Sezioni Unite hanno ribadito un principio fondamentale: il diritto non può supplire alla politica. Gli atti simbolici, come il conferimento di una cittadinanza onoraria, appartengono alla sfera della responsabilità politica, non della giustizia amministrativa. In questo senso, la sentenza è coerente e utile, perché ribadisce la centralità della dialettica democratica e degli strumenti di partecipazione.

Dal punto di vista morale e politico, la questione è più complessa. Se è vero che la cittadinanza onoraria è priva di effetti giuridici, è altrettanto vero che ha un impatto simbolico e sociale significativo.

 Il contesto normativo: cittadinanza onoraria e autonomia locale

La cittadinanza onoraria rappresenta un riconoscimento simbolico, conferito dagli enti locali per onorare persone ritenute meritevoli per i loro contributi alla comunità o per il valore simbolico delle loro azioni. Essa non attribuisce status civitatis, né comporta conseguenze giuridiche quali residenza anagrafica o diritti elettorali.

L’ordinanza sottolinea che tale riconoscimento rientra nelle competenze discrezionali dei consigli comunali, espressione della loro autonomia, garantita dall’art. 114 della Costituzione. Tale autonomia, però, non è priva di limiti, essendo vincolata ai principi fondamentali dell’ordinamento e alla tutela dei valori costituzionali.

L’azione popolare ex art. 9 TUEL

L’azione popolare disciplinata dall’art. 9 del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) consente ai cittadini elettori di agire in sostituzione dell’ente locale per far valere interessi pubblici. Tuttavia, tale strumento non è concepito per correggere decisioni discrezionali prive di rilevanza giuridica immediata sulla sfera dei soggetti interessati.

Le Sezioni Unite ribadiscono che l’azione popolare può essere utilizzata solo in presenza di atti amministrativi che producano effetti concreti, direttamente lesivi di posizioni giuridiche altrui. La cittadinanza onoraria, essendo improduttiva di effetti giuridici sostanziali, non legittima l’attivazione di questo strumento, configurandosi come un atto “politico” in senso ampio.

La Corte sottolinea che:

  1. L’azione popolare è ammissibile solo in presenza di inerzia dell’ente rispetto a doveri precisi.
  2. Non è configurabile quando il cittadino agisce contro l’ente stesso, opponendosi ad atti emanati nel rispetto delle competenze e procedure previste.
  3. Perché sia valida, l’azione popolare deve mirare a tutelare un interesse giuridico dell’ente locale, non un generico dissenso politico o ideale dei cittadini ricorrenti.

Difetto assoluto di giurisdizione: principi e limiti

La questione centrale riguarda il difetto assoluto di giurisdizione, ovvero l’impossibilità per il giudice ordinario di intervenire in una materia che esula dalla sfera del diritto giustiziabile.

“Il difetto assoluto di giurisdizione è ravvisabile quando manchi nell’ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l’interesse dedotto in giudizio, sì che non possa individuarsi alcun giudice titolare del potere di decidere; attiene, per contro, al merito della controversia ogni questione concernente l’idoneità di norme di diritto a tutelare il concreto interesse affermato dalla parte in giudizio (Cass., Sez. Un., 30 marzo 2005, n. 6635; Cass., Sez. Un., 31 marzo 2006, n. 7577; Cass., Sez. Un., 8 maggio 2007, n. 10375).”

La Corte chiarisce che la cittadinanza onoraria è un atto privo di valenza normativa, appartenente alla sfera della politica simbolica.

Tuttavia, le Sezioni Unite non chiudono completamente la porta all’intervento giurisdizionale. Si ipotizza che, in casi estremi – ad esempio, nel conferimento di una cittadinanza onoraria a soggetti condannati per crimini gravi o simbolicamente lesivi dei principi democratici – il giudice potrebbe intervenire non per annullare l’atto, ma per sanzionare condotte offensive dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.

La qualificazione degli atti politici e i confini della giurisdizione

Uno dei nodi centrali affrontati dall’ordinanza n. 15601/2023 riguarda la qualificazione degli atti politici e la loro relazione con il principio costituzionale di sindacabilità giurisdizionale degli atti del pubblico potere. La giurisprudenza amministrativa e costituzionale offre criteri stringenti per definire gli atti politici, confinandoli in un’area eccezionale e ben delimitata, al fine di preservare l’effettività della tutela giurisdizionale, pilastro della democrazia costituzionale italiana.

Criteri per la qualificazione degli atti politici

La giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2022, n. 4636) richiede due requisiti essenziali:

  • Profilo soggettivo: l’atto deve provenire da un organo preposto all’indirizzo politico massimo, quale il Governo o altri organi costituzionali;
  • Profilo oggettivo: l’atto deve essere libero nel fine, espressione di una scelta politica suprema riguardante la costituzione, il funzionamento o la salvaguardia dei pubblici poteri nella loro struttura organica.

Pertanto, non si qualifica come atto politico un provvedimento amministrativo motivato da criteri di ordine politico, ma solo un atto che rappresenti l’esercizio di un potere politico vero e proprio.

La natura eccezionale dell’atto politico

Gli atti politici, come evidenziato dalla Corte di Cassazione (Sez. Un., 2 maggio 2019, n. 11588), sono sottratti al controllo giurisdizionale solo in quanto strettamente connessi a scelte di rilievo costituzionale e alla direzione politica generale dello Stato. Tale sottrazione si giustifica per evitare l’interferenza del potere giudiziario su decisioni che appartengono alla sfera della responsabilità politica del Governo o di altri organi costituzionali.

Tuttavia, questa nozione è rigorosamente circoscritta. Il diritto vivente conferma che la regola generale è quella della sindacabilità degli atti del pubblico potere, a garanzia della soggezione del potere alla legge e della tutela dei diritti soggettivi e interessi legittimi dei cittadini.

Numerosi atti che presentano elementi di politicità non possono qualificarsi come atti politici, in quanto produttivi di effetti giuridici concreti che incidono sui diritti dei cittadini. Tali atti, nonostante il contesto politico in cui si collocano, sono sindacabili in sede giurisdizionale.

Il bilanciamento tra giustiziabilità e autonomia politica

Il principio di giustiziabilità è cardine del nostro ordinamento costituzionale e serve a evitare che l’eccezione degli atti politici diventi una zona franca per eludere il controllo giurisdizionale. La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che sottrarre un atto alla sindacabilità debba rimanere un’ipotesi delimitata con estrema precisione, pena il rischio di erodere i fondamenti dello Stato di diritto.

Questa riflessione si collega direttamente al caso in esame: la cittadinanza onoraria, sebbene priva di effetti giuridici sostanziali, non presenta i requisiti per essere qualificata come atto politico. Essa è piuttosto un atto simbolico-amministrativo, soggetto alla discrezionalità dell’ente locale e privo di impatto sulla costituzione o sul funzionamento dei pubblici poteri. Di conseguenza, essa non rientra nell’ambito delle scelte di supremo rilievo costituzionale o politico che giustificherebbero una sottrazione al controllo giurisdizionale.

Il ruolo del giudice: tra rispetto della discrezionalità e garanzia della legalità

La Corte individua una distinzione chiave:

  • Gli atti politici puri sono sottratti al controllo giurisdizionale perché mancano di parametri giuridici applicabili.
  • Gli atti amministrativi discrezionali, invece, sono soggetti al sindacato per verificare la conformità delle loro conseguenze giuridiche alle norme.

Nel caso in esame, la cittadinanza onoraria non produce conseguenze giuridiche, né incide sulla posizione dei cittadini o sull’autonomia dell’ente locale. Di conseguenza, non vi è spazio per un sindacato giurisdizionale.

Valore simbolico e implicazioni etico-politiche

L’ordinanza offre spunti per una riflessione più ampia sul significato di “simbolismo” nella sfera pubblica. La cittadinanza onoraria non è priva di conseguenze: essa può influenzare il dibattito pubblico, generare dissenso o approvazione e perfino essere percepita come una legittimazione morale.

In questo caso specifico, il conferimento della cittadinanza a Jair Bolsonaro – figura controversa sul piano internazionale – ha suscitato critiche e opposizioni da parte di una parte della cittadinanza locale. Molti cittadini si sono sentiti oltraggiati. La mancanza di un’effettiva giustiziabilità lascia però inevase le richieste di chi avrebbe voluto un sindacato giuridico su una decisione considerata eticamente discutibile. Alcuni cittadini hanno potuto effettivamente sentirsi lesi nel decoro e nella rispettabilità. Ma sono argomenti prettamente etici e morali.

Strumenti alternativi alla giustiziabilità: il ruolo del cittadino attivo

La Corte riconosce che, anche in assenza di un rimedio giuridico, il cittadino dispone di strumenti democratici per esprimere dissenso o promuovere la revoca di decisioni simboliche:

  • Partecipazione politica: sensibilizzazione della comunità, pressione sulle forze politiche, promozione di petizioni.
  • Libertà di espressione: utilizzo di media, social network e dibattiti pubblici per mobilitare l’opinione pubblica.

Questo approccio valorizza la partecipazione attiva e il pluralismo come strumenti di controllo sociale e politico, in un contesto di democrazia costituzionale.

Considerazioni conclusive: giustizia simbolica e ruolo dei cittadini

Sotto il profilo tecnico, l’ordinanza conferma l’importanza di distinguere tra atti simbolici e atti produttivi di effetti giuridici concreti. Tuttavia, emerge una tensione tra il principio di autonomia locale e l’esigenza di tutelare i valori democratici fondamentali. L’assenza di strumenti giuridici per contestare decisioni di forte impatto simbolico lascia spazio a una riflessione sulla partecipazione attiva dei cittadini e sul ruolo del diritto come garante dei valori costituzionali. Forse effettivamente un’azione puramente politica e simbolica è effettivamente capace di arrecare un danno (non materiale, ma probabilmente morale)?

Se un’azione puramente politica, così divisiva che oggettivamente avrebbe indignato una parte dei cittadini, fa sentire alcuni di questi offesi ed oltraggiati, possiamo veramente biasimare l’azione giudiziaria in oggetto? A parer mio è stata legittima, azzardata, ma legittima. Una pubblica amministrazione non dovrebbe mai prendere decisioni, anche se simboliche, così divisive. Ciò perchè non governa solo per i propri elettori, ma anche per gli altri e una responsabilità per questa mancanza di rispetto dovrebbe essere prevista. Tuttavia, giustamente, i Giudici supremi rimandano questa “lotta” alla politica.

Lasciando da parte il linguaggio del diritto, veniamo al retroscena che rende questa vicenda una storia degna di un episodio di satira politica. Immaginate la scena: il piccolo comune decide di elevare Jair Bolsonaro al rango di cittadino onorario. L’ex Presidente, noto per le sue posizioni controverse, estreme, si unisce così al ristretto pantheon di onorificati del paese. Una decisione che, per quanto simbolica, scatena un vero terremoto mediatico e offende non pochi di quei già pochi abitanti che se anche di fede differente, restano cittadini e amministrati.

I cittadini, divisi tra chi considera l’onorificenza una mossa strategica per attirare l’attenzione internazionale (?) e chi pensa sia un colossale autogol, si ritrovano a discutere di diritto amministrativo tra un caffè e una brioche. “Ma alla fine che gli cambia?” chiede il barista. Nulla, tecnicamente.

Ma nell’epoca dei social media, il “nulla” può diventare “tutto”.

E così, la cittadinanza onoraria si trasforma in un caso di studio sul rapporto tra provincialismo e geopolitica.

Chissà se Bolsonaro, seduto dall’altra parte dell’Atlantico, avrà mai sentito parlare di questo comune. Certamente alcuni amministrati lo conoscono e si sentono offesi. E quindi, è giusto per un’amministrazione che governa TUTTI prendere decisioni così divisive? Lo scrivente non lo sa. e tu?

 

 

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