Giustizia Internazionale, Crimini di Guerra e il Conflitto tra Sovranità Nazionale e Obblighi Internazionali. Nel panorama della giustizia internazionale, la lotta contro i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità è da tempo un tema centrale del diritto internazionale. La Corte Penale Internazionale (CPI), istituita per perseguire i responsabili di crimini internazionali, è stata protagonista di numerosi dibattiti riguardo alla sua effettiva capacità di garantire giustizia, soprattutto quando gli Stati si oppongono alla sua giurisdizione (in genere per motivi politici). Il caso Almasri, che ha recentemente suscitato preoccupazioni in merito alla cooperazione internazionale, evidenzia uno dei (forse IL) principali problemi della giustizia penale internazionale:
l’impunità per i crimini di guerra e la difficoltà di garantire un processo giusto a livello globale.
La Corte Penale Internazionale e la Lotta Contro i Crimini di Guerra
La Corte Penale Internazionale (CPI) è l’organo giuridico permanente istituito per perseguire i crimini internazionali. Fondata dal Trattato di Roma il 17 luglio 1998 e entrata in vigore il 1° luglio 2002, la CPI ha il compito di perseguire i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, il genocidio e i crimini di aggressione, operando come una corte di ultima istanza quando gli Stati non sono in grado o non vogliono perseguire i responsabili di tali crimini.
Procedimento Penale presso la CPI
Il procedimento penale presso la CPI si avvia in uno dei seguenti modi:
- Su richiesta di uno Stato parte al Trattato di Roma (ad esempio, un paese che ha ratificato il trattato può richiedere l’inizio di un’indagine).
- Su richiesta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che può deferire un caso alla CPI in virtù della sua responsabilità di mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
- Su iniziativa del Procuratore della CPI, che, in base alle informazioni ricevute, decide se avviare un’indagine.
Una volta avviata l’indagine, il Procuratore raccoglie prove e testimonianze. Un’atto estremamente complesso e variegato di una vastità immane, dati i delitti perseguiti, che segue precisi schemi e obblighi. Se il caso è ritenuto ammissibile e se ci sono evidenze sufficienti, la Corte emette una accusa formale. In seguito, il processo si svolge (in teoria) con l’imputato sotto processo per i crimini di guerra o altri crimini internazionali di cui è accusato.
Il Coordinamento tra la CPI e gli Stati
Uno degli aspetti più critici della giustizia penale internazionale è la cooperazione tra la CPI e gli Stati sovrani. Sebbene la CPI abbia una giurisdizione universale sui crimini internazionali, il suo operato dipende dalla cooperazione degli Stati, che sono obbligati a:
- Fornire prove o facilitare l’accesso alle prove.
- Eseguire i mandati di arresto emessi dalla CPI.
- Collaborare nell’estradizione degli accusati.
L’articolo 86 del Trattato di Roma impone agli Stati parte l’obbligo di cooperare con la Corte. Tuttavia, molti Stati, tra cui alcuni membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non hanno ratificato il Trattato di Roma o si sono opposti alla giurisdizione della CPI. Un esempio lampante è il caso degli Stati Uniti, che non sono membri della CPI e, in passato, hanno adottato politiche che ostacolano la cooperazione con la Corte.
Obblighi degli Stati e la Capacità della CPI di Immettere Sentenze
La CPI non ha la forza esecutiva per arrestare direttamente i sospetti: l’esecuzione dei mandati di arresto è infatti nelle mani degli Stati. Se uno Stato si rifiuta (per motivi procedurali, politici, tecnici, astratti, ecc.) di estradare un presunto criminale di guerra, come accaduto nel caso di Khaled Almasri, la CPI può fare ben poco. Ciò porta a una potenziale impunità, poiché la Corte può solo fare appello alla comunità internazionale per esercitare pressioni diplomatiche. Gli Stati che si rifiutano di collaborare rischiano conseguenze politiche, ma praticamente mai sanzioni giuridiche dirette.
Sovranità Nazionale vs. Obblighi Internazionali
Il conflitto tra sovranità nazionale e gli obblighi internazionali è uno degli aspetti più complessi nel diritto internazionale. Ogni Stato ha il diritto di autodeterminarsi e di prendere decisioni politiche in piena autonomia. Tuttavia, quando uno Stato ratifica trattati internazionali, come il Trattato di Roma del 1998, esso accetta (in teoria) implicitamente di essere vincolato dalle norme di diritto internazionale, comprese quelle relative alla giustizia penale internazionale.
Nel caso Almasri, l’Italia ha affrontato un dilemma relativo alla sovranità nazionale, rifiutandosi di estradare un sospetto di crimini di guerra alla CPI (per ragioni procedurali), nonostante gli impegni internazionali assunti dal paese. Questo solleva domande cruciali su come gli Stati possano bilanciare il rispetto delle proprie leggi nazionali con gli obblighi assunti in ambito internazionale, specie quando la giustizia internazionale entra in conflitto con decisioni politiche o di sicurezza nazionale o di procedure interne.
Cooperazione tra Stati e Possibili Violazioni delle Norme Internazionali
Il rifiuto di un Stato di estradare un sospetto di crimini di guerra, può configurarsi come una violazione delle norme internazionali. Tuttavia, il diritto internazionale non prevede meccanismi giuridici diretti per sanzionare uno Stato che non adempie ai suoi obblighi nei confronti della CPI. In passato, la Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) ha trattato casi di violazione di trattati, ma non esistono precedenti giuridici significativi in cui uno Stato sia stato effettivamente punito per non aver rispettato un ordine di estradizione per crimini di guerra.
Il Ruolo della Politica nelle Decisioni Giuridiche: Responsabilità Politica vs. Responsabilità Giuridica
Il confine tra responsabilità politica e responsabilità giuridica è uno dei temi più delicati quando si trattano crimini internazionali. La politica spesso influisce sulle decisioni giuridiche, e nel caso di Almasri, l’azione politica italiana di non estradare il sospetto di crimini di guerra può essere vista come una decisione puramente politica che ha interferito con l’amministrazione della giustizia internazionale.
In termini di responsabilità giuridica, la politica non può giustificare la violazione delle leggi internazionali, soprattutto quando si tratta di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Tuttavia, la responsabilità politica implica che i funzionari che prendono decisioni politiche in tale contesto potrebbero essere ritenuti responsabili per il loro comportamento, anche se non esistono procedure giuridiche chiare per perseguitare politici a livello internazionale.
Si sollevano, quindi, interrogativi sull’efficacia della giustizia penale internazionale in relazione ai funzionari statali. La difficoltà di far rispettare l’estradizione di un sospetto di crimini di guerra mostra come, talvolta, la politica possa prevalere sulle decisioni giuridiche, compromettendo il funzionamento del sistema di giustizia internazionale. Le guerre del Balcani sono ricche di esempi di impunità volute dalla politica, ma non solo.
La Necessità di Unire Giustizia Nazionale e Internazionale
Sebbene la Corte Penale Internazionale sia uno strumento fondamentale per la lotta contro l’impunità dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità, il suo potere è limitato (quasi un organo simbolico nella sostanza) dalla cooperazione degli Stati e dalla protezione della sovranità nazionale, dalle ragioni di stato, dalla sicurezza politica e sopratutto economica che spesso per la politica hanno molto più valore della ricerca della verità o della giustizia, sopratutto se quei crimini sono stati commessi in terre lontane e a danni di persone di nazionalità diversa.
È cruciale che la comunità internazionale lavori per rafforzare i meccanismi giuridici che garantiscano la cooperazione tra giustizia nazionale e internazionale, affinché i crimini contro l’umanità non rimangano impuniti.
Sopratutto affinché questi organi sovrastatali non siano dei meri simboli privi di sostanza
La giustizia dovrebbe prevalere su ogni altro interesse nazionale… in teoria
I principi internazionali che guidano il Diritto